La muta poesia di Enrico Nicolò si interfaccia nella sensibilità compositiva dell’immagine fotografica e dialoga con la scrittura, elementi che emergono da un’anima sensibile e particolarmente profonda.
(http://arte.cq24.it/1.55895/apertura-critica/3687/leleganza-colta-di-un-vero-signore-della-fotografia)Â
Il bianco e nero, rigoroso, simbolico, evocativo e silenzioso dell’artista è lo specchio delle parole che compongono le ultime fatiche letterarie di Enrico Nicolò. L’analisi sull’espressività in questione ora deve tenere in considerazione i due linguaggi creativi perché l’uno, pur vivendo di singolare indipendenza e individualità rispetto all’altro, assume un valore estremamente superiore se considerato nella sua complessa dualità . L’armonia lirica che alimenta entrambi i lavori, come su binari paralleli, rendono l’artista unico nel suo genere per stile ed eleganza, la colta ispirazione alla quale Nicolò attinge, risiede in un luogo recondito dal quale l’artista sente l’emozione della poesia più pura e lascia emergere, come in un miracolo, la trasfigurazione e la rappresentazione attraverso la parola scritta e recitata e l’immagine fotografica.
Dalle riflessioni fotografiche pubblicate nei libri “sgridò i venti e il mare” (intuizioni di immagini dai Vangeli) (2013) a “finchè il giorno” (2016), mi ritrovo nelle parole raffinate del critico Diego Mormorio quando, scrivendo nel libro “Oltre il visibile” (2013), afferma: “ …. Enrico Nicolò ci porta nel luogo da cui veniamo e ci invita a spingere l’aratro piĂą a fondo, verso la leggerezza del volo al di lĂ della nostra finitezza.” Continua a leggere “Il silenzio raffinato di Enrico Nicolò” →
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